Guardare sopra di sé
Solennità di tutti i santi

Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12

La gru più alta del cantone è a Balerna,  nuova-nuova. Montata per i restauri lunedì 30 di fianco alla Collegiata. Ci è voluto un giorno intero e l’enorme braccio da 54 m è stato issato in un blocco solo verso le 18.45. È così grande perché deve poter girare a 360 gradi in caso di vento, senza scontrarsi con nulla. E il nostro campanile misura 50 m, è il secondo più alto in Ticino (Intragna, il primo, misura una sessantina di metri).
Più alta del campanile. Per secoli il nostro campanile non ha visto sopra di sé nient’altro che il cielo, ora guarda curioso quell’intreccio di metallo che gli farà girare attorno il materiale necessario al restauro del tetto. Noi finora alzando gli occhi al nostro campanile ci sentivamo portati a guardare il cielo, ad alzare gli occhi oltre alla sua monumentalità. Anche il nostro campanile ora si sente obbligato a guardare in alto a volgersi al cielo osservando qualcosa che è arrivato più in alto di lui.
Mi sembra un bello spunto per parlare dei Santi: coloro che sono arrivati più in alto, guardare a loro ci spinge a guardare oltre e vedere il cielo. Guardare loro ci distoglie finalmente dalle nostre preoccupazioni, solitamente molto terrene, per guardare in alto, al cielo, a quella speranza costituita dalla realizzazione delle beatitudini del Vangelo. Il testo parla spesso dei cieli, della ricompensa che lì aspetta i protagonisti delle beatitudini. I poveri in spirito, coloro che sono nel pianto, chi vive di mitezza, chi anela alla giustizia, chi applica misericordia, coloro che si attivano per la pace, quanti subiscono persecuzione, sono persone che sanno attirare il nostro sguardo verso il cielo.
Le beatitudini chiedono fatica.
Non è per nulla facile comportarsi con mitezza quando il paradigma è l’aggressione, come si fa a desiderare la giustizia quando chi la aggira sembra vivere meglio? Misericordia e perdono sono viste dagli altri come segno di debolezza e di inferiorità, pianto e povertà non sono in cima ai desideri né dei nostri ragazzi, né di noi adulti. Come attivarsi per la pace quando governano le politiche del mondo ad oriente e ad occidente dei pazzi guerrafondai? Le beatitudini sono controcorrente, non sono di immediata realizzazione, non attirano, non ‘vendono’, sono fallimentari dal punto di vista del marketing. Da soli non potremmo farcela, nemmeno quando le comprendiamo e vediamo il loro ideale grazie all’assidua frequentazione del Vangelo, all’interiorizzazione del messaggio di Gesù e della sua volontà. Qui interviene l’aiuto dei santi.
Hanno lo stesso effetto della gru sul nostro campanile, ci costringono ad alzare lo sguardo, a vedere finalmente sopra di noi qualcuno che ce l’ha fatta, qualcuno che è avanti almeno alcuni passi. La comunione dei santi di cui parliamo nel ‘credo’ è in fondo questo: una unità profonda con tutti coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede e che ci spingono a credere e sperare che quelle beatitudini sono possibili, che guardare più in alto non è un’utopia. Un espressione attribuita a Bernardo di Chartres dice che noi siamo dei nani sulle spalle di giganti e possiamo guardare oggi più lontano, nelle scienze e nella sapienza solo grazie a chi prima di noi ha aperto grandi strade. I santi che oggi celebriamo sono quei giganti sulle cui spalle noi nani possiamo guardare più lontano, possiamo guardare più in alto e sentire vicino il cielo.



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