Traspare la luce che lasci accendere

La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso.
Ma Dio promette: Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce.
E anche l'uomo impara a dire: Dio vegliava su di me, quando brillava la sua lucerna sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre.
E ancora: Signore, tu sei la mia lampada; il Signore rischiara le mie tenebre

L'esperienze del popolo sono raccontate così nei salmi: Dio li guidò con una nube di giorno e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
E Isaia annuncia il Messia con le parole della prima lettura: Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.

Genesi, Isaia, Giobbe, Salmi, Samuele,… solo alcuni dei libri e degli autori biblici che raccontano questo cammino dalle tenebre alla luce. Anche il presepe che i bambini dell'Oratorio di Balerna hanno preparato quest'anno per la chiesa, il Battistero, raccontano questo percorso. Sarebbe da vedere di persona ma secondo uno schema ben preciso. Qui proviamo a farlo attraverso le fotografie.

Quando il presepe è spento si vedono una serie di cilindri neri come la pece. Dei cilindri neri, alti e bassi che quasi ricordano un bosco di ciminiere, nere di fumo e a dir poco tristi, lugubri, che incutono un po' di timore.
Quando lo si accende la trasformazione è importante, forte, chiara. Chiara come la luce che filtra da quei buchini che i bambini hanno creato nel cartone con tanta pazienza. Quella luce accesa, ora rende visibili, in trasparenza, illuminate le sagome dei personaggi del presepe, dei personaggi protagonisti di questa notte di cui abbiamo letto nel Vangelo di Luca. 

«Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare». Quella scintilla di luce è già dentro ciascun cilindro, quella scintilla di luce è già dentro ciascuno di noi. «È apparsa la grazia di Dio» scrive Paolo a Tito nel brano che abbiamo letto come seconda lettura. Come accendendo quell'interruttore, accendendo quelle lampadine dentro ogni cilindro appare e traspare la figura dei personaggi del presepe, così attraverso la nostra vita, accesa dall'incarnazione, può apparire trasparire la grazia di Dio.
La luce e le figure del presepe hanno bisogno di due condizioni per essere visibili e rendere comprensibile il disegno: una luce che da dentro si irradia dei buchi nel cartone che lasciano trasparire la luce. Tutti e ciascuno abbiamo già dentro quella scintilla, quel bagliore, quella lampadina pronta ad illuminare, a fare luce, a irradiare. Ma quella luce va accesa. «Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce» così racconta Luca l'annuncio ai pastori. La luce che abbiamo dentro viene da Dio. E 'istallata' in modo automatico, in modo originale, fin dall'inizio, con il battesimo. Ma non è per forza sempre accesa, ha bisogno di essere sempre alimentata. Se la spina non è attaccata, se la corrente non gira… quella luce si spegne. Il natale, l'incarnazione, il Dio che si fa uomo, bambino è l'inizio di quell'esperienza.
Ma non può arrestarsi lì. C'è però un secondo punto necessario a rendere visibile, intellegibile, comprensibile il disegno di quella luce. Si tratta dei buchi nel cartone. Senza quelli la luce filtrerebbe da sopra il cilindro senza disegnare alcunché. Quei buchi sono metafora della nostra vita. Da una parte è necessaria un po' di fatica per realizzarli (i bambini dell'oratorio possono testimoniare il male causato dalla puntina...) Serve impegno, servono delle scelte, (seguire il disegno dei puntini…) serve attenzione, serve desiderio di bellezza. Dall'altra parte scopriamo che qualcosa va anche abbandonato, che bisogna rinunciare a qualche pezzetto di sé per lasciar trasparire qualcosa che non siamo noi ma che ci rende vivi e belli. L'egoismo, l'essere autocentrati o egocentrici, narcisi, isolati ci lascia nell'oscurità, nelle tenebre, nessuna vita, nessun immagine, nessun disegno o progetto possono trasparire e illuminare.
Riceviamo in dono quel cartone che è la vita. Possiamo decidere di lasciarlo così, possiamo decidere di accendere la luce. Possiamo decidere di lasciarlo così: e in mezzo ad altri come noi sembreremo solo delle ciminiere di fabbriche abbandonate. Possiamo decidere di accendere la luce, possiamo decidere di lasciare da parte qualcosa, di rinunciare a qualcosa, di vivere a favore degli altri (si chiama sacrificio) e allora la nostra vita (il nero cartone) diventa luminosa, un'opera d'arte.
I pastori, gli angeli e tutti i protagonisti del racconto della notte, in definitiva del presepe stesso, sanno fare queste operazioni. E l'incontro con il bambino accende quella luce.
Dio potrebbe fare tutto da solo, donarci la scintilla, il cartone della vita, fare lui stesso i buchi. Ma sceglie una via diversa, sceglie di coinvolgerci dentro quell'esperienza di libertà di cui Lui stesso ci ha resi capaci.
E quando di mezzo c’è la libertà dell’uomo, anche Dio sperimenta che cosa è l’attesa.
Nell'incontro tra il suo dono e la nostra creatività si tratteggia il disegno della nostra vita, traspare la luminosa opera d'arte di cui possiamo essere protagonisti. Tra il nostro lavorare e il suo accendere. Il nostro 'bucare' la durezza del carattere, dell'istinto, della scorza di protezione, per tratteggiare vie di Vangelo, vie di incontro, vie di pace, vie di comunione, si incontra con quel Dio che sceglie la tenerezza, che sceglie la semplicità, l'umiltà, la condivisione. Quell'incontro trasforma qualunque oscurità in disegni di luce, in strade luminose, in vite che lasciano trasparire il Vangelo. 


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