Il saluto a Youssouf
Vincitori nel difendere la vita

Victor. Avevamo dato un nome provvisorio e simbolico, in segno di dignità, al giovane 22enne del Mali, morto folgorato sul tetto di un treno a Balerna lo scorso 27 febbraio. Youssouf Diakite. È il suo vero nome. Sarà scritto su una tomba nel cimitero di Balerna dove da oggi riposano le sue spoglie. Quella tomba, di cui la comunità civile di Balerna sarà chiamata a prendersi cura, resti un monito contro l’indifferenza. Nella Bibbia ‘il sangue di Abele’ ucciso dal fratello Caino grida dalla terra. La morte di Youssouf è una voce altrettanto forte vicina a noi nello spazio e nel tempo e non possiamo non sentirlo. Corriamo però il rischio di non ascoltarlo, possiamo cadere nuovamente nell’indifferenza. «Sono forse guardiano di mio fratello?» risponde Caino a Dio. Le soluzioni politiche concrete sul tema delle migrazioni non sono però facili e la presa di coscienza di un lungo lavoro necessario deve prevalere sulla tentazione di facili slogan. Ma la storia di Youssouf ci insegna qualcosa di importante, più forte e precedente ad ogni tipo di soluzione politica.
Il punto che oggi abbiamo posto alla storia umana di Youssouf è il nostro modo di donare almeno alla sua morte quella dignità che non abbiamo saputo dargli in vita. Una vita che lui cercava, che desiderava migliore, per la quale ha intrapreso un viaggio estremamente pericoloso, come ricordato anche al termine del rito in cimitero dal rappresentante della missione diplomatica del Mali in Svizzera. Youssouf desiderava raggiungere alcuni parenti in Francia ma la sua sete di vita, di futuro e di felicità è stata spenta dalla potente scarica elettrica del treno che aveva scalato. La sua storia, la tragedia che lo ha portato via ai suoi famigliari e amici, possa risvegliare le coscienze, e soprattutto lo stesso desiderio, la stessa sete di vita in noi che fatichiamo a rispettarla e proteggerla la vita in tutte le sue forme, dall’inizio alla fine. La fede di Youssouf apre alla vita eterna, spera in un Dio che la rinnova e la dona. Come cristiani, pur nel rispetto delle differenze religiose, abbiamo una speranza molto simile. Essa non sia, non diventi però un alibi per il nostro disimpegno, ma sia la sorgente di una responsabilità atta a promuovere un mondo dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace. Come cristiani stiamo vivendo l’esperienza della Settimana Santa che mette al centro la vita nuova, che sa trasformare le peggiori tragedie in dono di vita, vince sulla morte. La fede insieme alla storia di Youssouf ci spinga ad essere portatori del nome provvisorio che gli avevamo dato ‘Victor’: vincitori sull’indifferenza, vincitori nel difendere la vita.


Commento scritto per "il giornale del popolo" di mercoledì 12 aprile 2017.


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