Gesù non vince l'Oscar per gli effetti speciali.
IV Domenica anno B

 Dt 18,15-20; Sal 94; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28


Il Vangelo di oggi chiude una lunga questione che nasce addirittura ai tempi di Mosé. Il popolo che era nel deserto in occasione dell'Esodo, dopo che erano fuggiti dall'Egitto e attraversato il Mar Rosso, ha avuto l'occasione di entrare e stare in contatto diretto con Dio.
Ma l'apparizione di Dio in mezzo a fulmine, saette, fuoco ecc. incute timore al popolo che manda avanti Mosé, proprio come si fa quando si spinge in avanti qualcuno al proprio posto, smarcandosi e tirandosi indietro. Il popolo scelse di avere un mediatore, qualcuno che stesse in mezzo, che facesse da ponte. Poi nel Deuteronomio, (l'ultimo libro del pentateuco, la Torah), nel brano che abbiamo ascoltato come prima lettura, sentiamo che Dio promette che arriverà un tempo in cui ci sarà qualcuno che sarà quel mediatore definitivo, che dirà tutte le Parole, che parlerà definitivamente in nome di Dio.  Poi nel Vangelo sentiamo che tutti «erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» già all'inizio, quando ancora non ha fatto nulla se non leggere nella sinagoga il testo della Torah e commentarlo.
Ma poi dopo non appena ha scacciato lo spirito impuro «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono»! Gesù realizza le parole che Dio stesso a rivolto al popolo tramite Mosé. Ecco il mediatore definitivo. Qualcosa di nuovo e straordinario che si realizza.
Allora
il popolo non era a pronto ad ascoltare la voce di Dio, ora, in Gesù non solo ne ascolta la voce, ma ne scopre il volto!
Il volto di Dio lo vediamo chiaramente nei gesti di Gesù. E quali sono i gesti che compie?
Il racconto del Vangelo ci parla di uomo che stava male. Possiamo parlare di una malattia dell'anima, del cuore, dello spirito, un uomo posseduto da uno spirito impuro. Quando Gesù incontra questo uomo cosa succede, cosa fa? Praticamente nulla. Nessun gesto eclatante, quasi nemmeno il minimo sindacale… parla. I gesti di Gesù non sono mai eclatanti, i miracoli non avvengono attraverso fuochi artificiali, segni del cielo, fulmini, saette, fumi vari. Niente effetti speciali! Quelle manifestazioni (teofanie) al tempo dell'Esodo avevano messo paura nel popolo che aveva chiesto espressamente non avvenissero più o che almeno a loro non fosse imposto di assistervi. I gesti di Gesù sono sempre semplici e piccoli, quasi irrilevanti o banali, l'esatto opposto di ciò che aveva fatto scappare. Con Gesù si tratta di parole semplici, di movimenti dolci, di gesti delicati. Gesù sceglie di venire incontro a chiunque lo cerca attraverso la semplicità delle situazioni quotidiane.
La sinagoga raccontata nel Vangelo è quella di Cafarnao, quella di Casa, la città dove ora Gesù abita. Il male non è fuori di essa, lo spirito impuro fa soffrire una persona della comunità. La nostra tentazione è quella di pensare che il male sia lontano, qualcosa che non ci appartiene, qualcosa che sono gli altri a causare, qualcosa che a noi al massimo può capitare ma di cui noi non siamo né possiamo lontanamente essere autori, responsabili. Scoprire che lo spirito impuro è dentro la Sinagoga, uno spazio sacro, in quella sinagoga, quella di casa, ci insegna che è l'esatto contrario, che si può nascondere nello spazio per noi più sacro, la nostra interiorità, la nostra spiritualità… che si aggira in casa nostra.
Il male può essere tra di noi, in mezzo a noi, anche in noi stessi, non è solo negli altri e nei lontani. Gesù però è più forte e basta invocarlo con semplicità per essere sollevati da quel male. Non vedremo grandi effetti speciali, ma la bellezza dei gesti e degli incontri semplici.

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