Ascoltare: la comunicazione 'assertiva' secondo Gesù
XXIII Domenica del tempo ordinario, anno A
Ez 33,1.7-9; Sal 94; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20
Nessun attacco, nessuna aggressione ma una mano tesa. Una prassi che dice discrezione, umiltà, delicatezza verso chi ha sbagliato, per lasciargli il tempo di riflettere. Come in una storia a bivi (erano di moda nei fumetti degli anni ‘90), le scelte della controparte cambiano lo svolgersi degli eventi e lo fanno in modo radicale, si tratta di guadagnare o perdere un fratello. Ad ogni bivio la scelta buona di chi ha commesso l’errore lo recupera, lo riporta ad essere ‘fratello’, la scelta sbagliata per fortuna non porta al rinnegamento ma all’insistenza della ‘parte lesa’. Ricostruire un rapporto fraterno è la priorità, è una strada che non si abbandona, non si può abbandonare troppo facilmente. Altri fratelli e la comunità intera non si possono esimere dall’essere chiamati in causa. L’ascolto entra quindi in gioco primariamente dalla parte di chi ha sbagliato. Ascoltare una voce esterna è l’unica via per non chiudersi su se stessi, ascoltare l’altro e la vera strada per imparare a conoscersi senza gli occhiali dell’autocompiacimento e della difesa, ascoltare l’Altro (Dio stesso e la sua Parola) è l’unico modo per aprirsi veramente alla vita, che necessita di relazioni vere, capaci di ricostruirsi, di correggersi. Ascoltare o non ascoltare è la scelta che più di qualunque altra può deviare la storia personale e dei nostri rapporti con gli altri. L’obiettivo finale non è tanto costringere l’altro ad ascoltare noi, la nostra opinione, il nostro punto di vista. Si tratta piuttosto di portare l’altro ad ascoltare ciò che gli dice il suo comportamento, metterlo in relazione all’ascolto della Parola e dal confronto che ne scaturisce, uscire come fratelli, come comunità riconciliata. C’è un ultimo aspetto dell’ascolto, forse un po’ nascosto nel testo, ma non meno importante. Anche colui che ha subito il male, colui che si fa attivo nella correzione fraterna non può esimersi dall’ascolto. Dall’ascolto in particolare della Parola, che sola può spingerlo oltre l’indifferenza, a superare il male che crede di aver subito e desiderare la riconciliazione, senza nascondersi né dietro un ipotetico rispetto delle scelte dell’altro né dietro a un sottile sentimento di rivalsa nascosto ad esempio dalle parole ‘si arrangi’. «Qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’» scrive Paolo ai Romani. Gesù indica un modo concreto e percorribile per viverlo: la carità sollecita che ci rende responsabili del nostro prossimo e delle sue scelte.
Il testo di questo commento al Vangelo è stato pubblicato sul GdP di sabato 9 settembre 2017
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