L’antico solitario nascosto

Recitare poesie imparate a memoria, in classe, in piedi davanti agli altri, con la testa che si muove dall'alto in basso cercando di dare il ritmo alle parole, occhi che guardano in uno degli angoli superiori del campo visivo come se cercassero nella testa le parole necessarie a continuare.

Io mi riconosco in questa immagine. Alla scuola elementare, negli anni '90 ho studiato ancora a memoria molte poesie. Non era già più un'abitudine ma i miei maestri (marito e moglie) facevano parte della "vecchia scuola" e io sono loro grato. Non ho nulla contro altre più moderne impostazioni pedagogiche, tutt'altro, ma doverle studiare a memoria mi ha dato accesso ad alcune perle letterarie, studiarle a memoria ha lasciato qualche traccia nei miei ricordi. Alcune nascoste, altre più fresche. Licenze poetiche, onomatopee, piccole espressioni o frasi che in alcune occasioni si affacciano ai miei pensieri e talvolta anche al mio parlare, al mio vocabolario.
Nelle scorse settimane mi sono messo per la prima volta dopo 25 anni a cercare le origini di alcuni di questi ricordi e mi sono imbattuto in Aldo Palazzeschi, autore italiano di cui lessi più tardi, al liceo anche un testo di narrativa, 'Sorelle Materassi'. Di lui ho ritrovato "Rio Bo", la prima poesia studiata a memoria, con il 'vigile cipresso', la 'stella innamorata' imparate sotto l'inflessibile guida di mamma e nonna. Il testo però che mi ha sorpreso rileggere è quello di "Una casina di cristallo". Non lo voglio commentare, non ne sarei forse nemmeno in grado ma la riporto di seguito nella speranza di richiamare l'attenzione sulle parole di Palazzeschi e di suscitare qualche riflessione.
E grazie maestro Vincenzo per averci regalato un accesso originale a testi come questo.


Una casina di cristallo

Non sogno più castelli rovinati,
decrepite ville abbandonate,
dove ci passa il sole.
Non palazzi provinciali
disabitati,
dalle porte polverose,
dalle vetrate colorate,
dalle finestre ferrate,
non più.
Non più colli soleggiati,
non cime di montagne,
isole luminose,
non più.
Non solitarie vie
infinite polverose
dove sfogare tutte le mie malinconie.
Mi son venute a noia
tutte queste cose.
Non prati sconfinati
ricoperti di margherite,
circondati di stupore.
Non parchi bagnati di dolore.
Non fontane, non cancelli,
attonite folle mute
non più;
non più il croscio dei ruscelli
rapito ascoltare
all’ombre solitarie,
non le grida degli uccelli,
non più.
Sogno tutt’altre cose
che con queste non àn nulla che fare.
Non me ne dovete volere
Oggi ò cambiato parere.

Io sogno una casina di cristallo
proprio nel mezzo della città,
nel folto dell’abitato.
Una casina semplice, modesta,
piccolina piccolina,
tre stanzette e la cucina.
Una casina
come un qualunque mortale
può possedere,
che di straordinario non abbia niente,
ma che sia tutta trasparente,
di cristallo,
e si veda bene dai quattro lati la via,
e di sopra bene il cielo,
e che sia tutta mia.
L’antico solitario nascosto
non nasconderà più niente
alla gente.
Mi vedrete mangiare,
mi potrete vedere
quando vado a dormire,
sorprendere i miei sogni;
mi vedrete quando sono a fare i miei bisogni,
mi vedrete quando cambio la camicia.
Se in un giorno di malumore
mi parrà di litigare colla serva,
prenderete la sua parte,
e farete benone,
non c’è niente di male,
vi accorgerete dalla mia cera
come va la mia arte.
Mi vedrete chino sulle carte
dalla mattina alla sera.
E passando mi potrete salutare,
augurare il buon giorno
e la buonanotte,
e io vi risponderò.
E se poi mi vedrete pisciare,
non vi dovete scandalizzare,
se no, peggio per voi!
Non vi dovete voltare
quando passate.
- All’erta dormiglione!
È alto il sole!
La mattina vi sentirò gridare.
- Pigrizia e poesia vanno a braccetto!
Vi sentirò borbottare.
E farò finta di non sentire
per restare un altro poco a cucciare
dentro il letto.
E quando non ne potrò più,
mi butterò giù.

- Riso e cavolo per desinare!
- Dev’essere in bolletta!
- Mangia la minestra con la forchetta!
- Che razza d’animale!
- Beve acqua per risparmiare.
- Beve acqua perché gli piace.
- Che ci sia qualche cosa con quella cameriera?
- Mamma mia che indecenza!
- Brutta a quella maniera?
- Ma la notte cosa fanno?
- Bella, vanno a dormire.
- Quella è la stanza di lui,
quella è la stanza di lei,
accanto la cucina…
- Ti piacerebbe di stare in quella casina?
- No davvero! No davvero!
Vivere a quel modo in berlina!
- Due camere un salotto e la cucina.
- Guarda il cesso com’è bello!
- È di vetro anche il cariello!
- Ma cosa è andato a inventare!
- Guarda guarda va al cassettone…
Ah no, o che cosa anderà a fare?
- Mamma mia!
- Che si butti un po’ sul letto?
- Bambine venite via!
- Sarà stanco poveretto!
- Non vedi che viso bianco?
- Qui bisogna riparare!
- Ma il comune che gli ha dato il permesso
di fabbricare una casa di quel genere!
- Vi sbagliate!
-A’ ragione per Dio!
Me ne sto facendo una anch’io!
Quando gli uomini vivranno
tutti in case di cristallo,
faranno meno porcherie,
o almeno si vedranno!
- Sostenete delle tesi sbagliate.
- È un pazzo come lui!
- Ma come se ne sta tranquillo quel salame!
- Guarda guarda, ci saluta!
- Ah! c’à detto buona passeggiata.
- Buon lavoro, poeta!
- È una gran puttanata!



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