Il Diario di Anna Frank



Sono passate ormai tre settimane dal lungo week end nel quale, con i ragazzi del Gruppo Giovani dell’Oratorio di Balerna, abbiamo portato sul Palco Il Diario di Anna Frank. Mi sono deciso a mettere per iscritto qualche pensiero.





Durante l’ultima settimana di «marketing» per invitare pubblico a vederci a teatro, in radio o in altri modi spesso ci è stato chiesto come ci siamo preparati a un testo del genere, a portare in scena un teatro impegnativo, le forti parole di Anna. La risposta vera, che ora mi è anche più chiara, è che non si siamo affatto preparati. Non ci abbiamo pensato, non ce n’era bisogno, non volevamo, non saprei esattamente il perché, ma semplicemente abbiamo ricevuto il testo da Gianni e l’abbiamo letto insieme, ciascuno già nel suo ruolo così come io li avevo distribuiti.

Quel testo, in quella prima lettura, la scorsa primavera già aveva fatto breccia. Ancora non sapevamo dove saremmo arrivati, ancora non immaginavamo il successo di pubblico e di critica che abbiamo riscontrato, ma quella lettura ha fatto entrare per la prima volta in ciascuno le parole del diario, le parole del suo personaggio. Quasi nessuno aveva mai letto per intero il Diaro, molti lo hanno preso in mano e affrontato il testo nei mesi successivi in cui le prove non andavano avanti, in cui l’organizzazione era in pausa, in cui il testo è stato riveduto e sistemato.
In settembre abbia ripreso in mano il copione e pian piano, lettura dopo lettura abbiamo immaginato lo scenario, le scene, i movimenti, le entrate, gli oggetti di scena e i vestiti. E il testo del Diario ha preso dimora in ciascuno. I personaggi sono diventati dei buoni amici, una presenza silenziosa ma costante e le parole che Anna ha scritto su ciascuno di loro sono diventate le nostre parole. I caratteri tratteggiati da Anna su ciascun personaggio si sono sovrapposti ai nostri e abbiamo imparato ad ascoltare la «disperata speranza» di Anna, filtrandola anche attraverso gli occhi e le orecchie che stavamo dando ai nostri protagonisti.
L’affetto tra Anna e Peter ha preso i gesti e le parole delle esperienze vere dei nostri attori; maternità e paternità dei Frank e dei Van Daan si sono aggiustate dalle esperienze educative di cui ciascuno è protagonista; le parole politiche degli abitanti della soffitta risentono delle passioni vere che ciascuno vive; la paura dell’arresto diventa la paura di terminare l’esperienza e le lacrime versate al racconto di Otto, unico sopravvissuto insieme agli olandesi, hanno davvero spesso bagnato il pavimento del nostro palco.
Nessuna preparazione teorica o organizzata a tavolino avrebbe mai potuto renderci così vicini i protagonisti del Diario come questo averli frequentati, averli immaginati, avergli dato corpo e voce. Anna, Otto, Peter, Margot, Edith, Auguste, Hermann, Fritz, Miep, Kraler e Koophuis sono entrati nella nostra vita in punta di piedi e ora ci resteranno per sempre, silenziosi, muti osservatori ma fedeli compagni, stimolatori della memoria di quelle parole che nessuno dimenticherà: È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.

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