Selvicoltori della conversione - II Domenica di avvento A

Oggi diventiamo selvicoltori! Sia il profeta Isaia che il Battista ci introducono nella seconda Domenica di Avvento attraverso riferimenti vegetali. Un germoglio è al centro della visione di Isaia, mentre Giovanni vede una scure alla radice di alberi sterili.
È molto bella la visione di Isaia. Un germoglio, un virgulto. Ad essere precisi il testo di Isaia fa riferimento ai polloni, che sono quei rami nuovi che nascono (o si fanno nascere) ai piedi dell'albero, da un ceppo tagliato o a volte anche direttamente dalla radice. Possono essere il segno di una vitalità nascosta in qualcosa che sembrava ormai morto, oppure fatti crescere apposta per ottenere copie della pianta madre.
Nel nostro caso sembrerebbe proprio che Isaia si riferisca ad una rediviva. Quel tronco di Iesse citato da cui spunta il germoglio, il virgulto, il pollone da proprio l'impressione di essere un tronco rinsecchito, sterile, tagliato al ceppo e abbandonato. Isaia probabilmente in origine si riferisce alla dinastia di Davide che si è resa apparentemente sterile, una dinastia che si è rovinata con le proprie mani, che ha gestito malissimo la regalità donata e promessa a Davide. Ma Isaia vede che anche da un relitto in stato di abbandono può rinascere vita nuova, bella, colma di speranza; anche dalla situazione peggiore può fiorire la novità.
Quella novità andrà poi curata. Ma secondo Isaia in questo caso a prendersene cura sarà niente meno che lo Spirito del Signore! E il mondo in cui quella presenza nuova, quella novità governerà sarà una nuova creazione in cui fiorirà la giustizia. Una nuova creazione in cui la violenza sarà completamente cancellata. Lupo e agnello, leopardo e capretto, vitello e leoncello, mucca e orsa, insieme, totalmente privi di istinti predatori. Guidati da un fanciullo… Il germoglio dell'albero di Iesse, il virgulto dal tronco rinsecchito, il ''pollone'' di una dinastia che si era corrotta.
Che visione splendida quella di Isaia, che sguardo luminoso, che futuro pieno di speranza!
E così arriviamo anche al compito per questa settimana: cerchiamo in noi i germogli, i virgulti, i polloni, le talee… riconosciamo in essi la cura di Dio, lo Spirito che suscita, trasforma, fa rinascere. Due sono le vie: o cercare qualcosa in noi di morto, di spento, di interrotto e vedere si lì attorno si muove qualcosa, se può essere qualcosa da far rinascere o vedere rinascere. Oppure prestare attenzione alle novità, alle idee, ai desideri, alle speranze nuove, che nascono dal nostro crescere, maturare, invecchiare… Troviamo in noi qualcosa di nuovo che nasce, che è nato o da far nascere che abbia davanti una promessa di vita, di novità, di bellezza, di creazione nuova pacificata e pacificante, capace di seppellire anche le tentazioni più normali e naturali. In essa possiamo riconoscere la guida dello Spirito che guida e accompagna.
Perché alla base degli alberi sterili «è già posta la scure». Ecco l'altra immagine forestale. Lasciare spazio ai nuovi germogli, fare sì che anche dalle cose più inaridite possa spuntare la novità, è ciò che Giovanni chiama conversione. Anche dal peggio di noi può nascere vita nuova, anche dal male peggiore può scaturire conversione, anche dalla morte può nascere la vita. Non lasciamo che l'albero della nostra fede, che poi è l'albero della nostra vita, si secchi, diventi sterile, resti senza frutti. Diamo spazio alla novità come il saggio viticoltore che di anno in anno vede già spuntare gemme e germogli per l'anno successivo. Diventiamo artigiani di vita.

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